Impatto dei social media nelle emergenze
Alla fine degli anni ‘90 Zygmunt Bauman pubblicò un volume intitolato “Modernità liquida”, in cui paragona i concetti di modernità e postmodernità rispettivamente allo stato solido e liquido della società. Mentre nell’età moderna tutto era dato come una solida costruzione, ai nostri giorni, invece, ogni aspetto della nostra esistenza può essere rimodellato artificialmente. Non esistono, dunque, contorni nitidi e definiti .
Oggi, a distanza di ormai 30 anni e grazie all’avvento del digitale, questo paradigma risulta ancora estremamente attuale.
La notiziabilità viene misurata in minuti – talvolta addirittura in secondi – e i mezzi di comunicazioni tradizionali hanno fatto spazio ai cosiddetti new media, internet e social media in primis.
In un simile contesto, popolato anche dal fenomeno ormai dilagante delle fake news, i concetti di “informazione” e “comunicazione” sono diventati fondamentali per interpretare la vita contemporanea, dove la quotidianità dell’individuo è fortemente influenzata da quello che Luciano Floridi ha definito l’onlife.
Dunque, se la digitalizzazione ha aperto nuove prospettive e l’ascesa dei social media ha rivoluzionato il modo in cui gli individui interagiscono con il mondo, è nelle situazioni emergenziali che tutte le contraddizioni e le difficoltà del paradigma liquido e digitale vengono a galla, creando un mare magnum di incertezza e inquietudine.
Roberto Vitale descrive così il flusso comunicativo nelle fasi emergenziali: «in ogni emergenza si riscontra un problema di gestione dell’informazione di duplice natura: da un lato, l’informazione prodotta dagli organi di stampa o social media; dall’altro quella che deve essere condivisa fra gli operatori dell’emergenza chiamati a intervenire. Non sempre, però, a causa del particolare evento congiunturale, l’informazione riesce a essere trasmessa in modo consono.
Gli operatori trovano, quindi, difficoltà proprio nella gestione di questo aspetto collaborativo di coordinazione del lavoro e dei vari interventi di soccorso che per il positivo risolversi della situazione appare fondamentale. Ecco che la rete, per sua natura di piattaforma di collaborazione e condivisione, si qualifica quale strumento essenziale di pronto intervento.»
Con l’avvento del web e dei social i cittadini/consumatori hanno assunto un ruolo sempre più attivo, trasformandosi in quelli che Alvin Toffler definì prosumer già nel 1980. Riprendendo la definizione dell’Enciclopedia Treccani, possiamo definire prosumer «un consumatore che è a sua volta produttore o, nell’atto stesso che consuma, contribuisce alla produzione. […] Mentre tra il 1995 e il 2000 protagonisti di Internet sono i portali, attraverso i quali il navigatore viene indirizzato a siti specializzati (e largamente sponsorizzati) per ogni esigenza, nella fase successiva hanno vita prospera i siti che incorporano le reazioni del cliente: i motori di ricerca, in cui l’attività del visitatore è determinante per fissare il prezzo delle inserzioni pubblicitarie; il commercio elettronico, in cui la reputazione del venditore, o dell’articolo posto in vendita, è costruito sui giudizi dei precedenti utilizzatori; i blog; i siti pervasi da uno spirito wiki, cioè di collaborazione attiva delle comunità dei loro frequentatori. Anche la televisione, invitando gente comune a impersonare i reality show, ha cercato di abbassare la soglia che divide il pubblico da coloro che producono e interpretano lo spettacolo. Tuttavia gran parte di questa trasformazione è avvenuta in rete, attraverso i siti di social networking, in cui ciascun utente è invitato a creare la propria pagina e a offrire al giudizio degli altri i propri prodotti multimediali.»
In un simile contesto, con una gestione delle informazioni ormai orizzontale, in cui gli utenti risultano co-creatori di contenuti, «viene a crearsi un flusso di comunicazione di notevole rilevanza fra l’utente e gli operatori delle crisi, tanto da avere generato il cosiddetto fenomeno “citizens as sensor”: cittadini che divengono sensori sul territorio» . E così, il prosumer diviene la prima frontiera dell’informazione, condividendo notizie e aggiornamenti di primaria importanza, in tempo di pace e di emergenza.
Al netto di questi aspetti, legati indissolubilmente anche al fenomeno del citizen journalism, che non riteniamo opportuno approfondire in questa sede, ci preme sottolineare come l’operato degli utenti sul web durante le emergenze sia divenuto un aspetto fondamentale della governance dell’emergenza, tanto che l’importanza dei social media in questi contesti è stata riconosciuta anche dalle istituzioni internazionali, come l’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, che ha emesso linee guida per l’utilizzo efficace dei social media durante le crisi. Queste linee guida includono l’uso di hashtag standardizzati, infografiche e coordinate GPS per facilitare la comunicazione e la localizzazione degli utenti in pericolo.
L’utilizzo di queste tecniche e linee guida è stato sicuramente recepito dai centri di coordinamento dell’emergenza: si pensi, ad esempio, alla gestione della comunicazione da parte del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile durante le ultime emergenze nazionali in Emilia-Romagna e in Toscana. In questi casi la veridicità delle informazioni condivise sui canali digitali, così come le conferenze stampa che hanno poi trovato eco su X (Twitter) e sui TG nazionali, hanno permesso all’Istituzione di controllare – almeno parzialmente – le notizie emesse in quel lasso temporale.
In conclusione, rispetto a quanto descritto finora i social media appaiono un asset strategico per veicolare notizie e informazioni utili, soprattutto nelle fasi più critiche di un’emergenza. Tra le buone pratiche da adottare c’è sicuramente il fact-checking delle notizie, spesso effettuato da organi di informazione autorevoli e indipendenti. E’ poi importante adottare un approccio comunicativo quanto più lineare possibile, in modo da combattere l’information disorder, elemento sempre più presente nella nostra società. Solo muovendoci con attenzione nell’universo digitale potremo trovare il filo di Arianna e gestire l’immenso quantitativo di dati e informazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno.